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NFT e musei: la tokenizzazione di Schiele

Egon Schiele, Leopold Czihaczek am Klavier, 1907 © Leopold Museum, Wien
Egon Schiele, Leopold Czihaczek am Klavier, 1907 © Leopold Museum, Wien

Opera di Schiele ritrovata dopo decenni: il Leopold Museum ne vuole fare un’opera NFT.

Dopo più di 100 anni dalla sua realizzazione nel 1907, è stata fortunatamente ritrovata l’opera giovanile attribuita a Egon Schiele intitolata “Leopold Czihaczek al pianoforte”. Il dipinto è stato rinvenuto all’interno di una collezione privata di Vienna e versa in ottime condizioni. Nell’opera vediamo raffigurato lo zio Leopold intento a suonare il piano, in una scena che il nipote Schiele cattura all’età di soli 16 anni. Da decenni si credeva che l’opera fosse andata perduta e l’unica testimonianza rimasta era una fotografia in bianco e nero del quadro appeso accanto a un pianoforte.

Postkarte von Gustav Huber an Marie Czihaczek, 1930. © Leopold Museum, Wien
Postkarte von Gustav Huber an Marie Czihaczek, 1930. © Leopold Museum, Wien

La conversione

Fin da subito il dipinto ha attirato l’attenzione del Leopold Museum di Vienna, l’istituzione museale che attualmente conserva la più ricca collezione di opere dell’artista austriaco (42 dipinti e 184 acquerelli). Il museo vorrebbe acquistare e restaurare il quadro, ma per farlo i costi da sostenere sono decisamente elevati. Pertanto ha deciso di duplicare in digitale 24 capolavori di Schiele, tra cui l’opera in questione, per poterli mettere in vendita. L’operazione è stata eseguita grazie al supporto della già nota start-up francese LaCollection.io di Jean-Sébastien Beaucamps e ha dato vita a una nuova collezione di NFT (Non Fungible Tokens), messa all’asta tra il 16 e il 26 Maggio. Il valore di ogni opera digitale ha raggiunto stime parecchio variabili, a partire da 500 fino 100.000 euro per opere considerate “Ultra Rare”.

NFT Header Leopold Museum © LaCollection, Leopold Museum, 2022
NFT Header Leopold Museum © LaCollection, Leopold Museum, 2022

NFT e Musei

Quello del Leopold Museum non è però un caso isolato. Sono ormai diversi i musei storici che, in parallelo con gli artisti digitali contemporanei, puntano sulla trasformazione in NFT dei loro capolavori. Solo in Italia, tra gli esempi più eclatanti, troviamo già grandi nomi come la Galleria degli Uffizi, la Pinacoteca di Brera, l’Ambrosiana di Milano e la Pilotta di Parma.

Nel 2021 ha fatto sicuramente notizia la collaborazione tra il British Museum e la piattaforma LaCollection.io per la creazione di una collezione di NFT che includesse opere inestimabili come “La grande onda” di Hokusai. Anche l’Ermitage di San Pietroburgo ha realizzato, tramite la piattaforma Binance, la vendita di una serie limitata di NFT tratta da alcuni capolavori della sua collezione. Il museo è stato per questo definito come un conservatore innovativo e all’avanguardia.

Gli Uffizi e il “Tondo Doni”

Dal punto di vista italiano gli Uffizi e il “Tondo Doni” sono sicuramente il caso più interessante, tanto da aprire anche molti interrogativi e polemiche. Più di un anno fa il museo ha messo in vendita per 240mila euro una copia digitale dell’opera di Michelangelo, realizzandola grazie all’ausilio dell’azienda Cinello. La società aveva presentato la riproduzione come una “serigrafia digitale”, ovvero una copia unica dell’opera conservata nella Galleria. La vendita comprendeva sia una parte “materiale”, uno schermo con l’opera proiettata ad alta risoluzione e una fedele copia della cornice, sia il suo certificato NFT.

Gli Uffizi sono tra i primi musei della storia italiana ad abbracciare il mercato NFT e questa scelta di utilizzare le ultime tecnologie disponibili è sicuramente indice della sua volontà di svecchiare l’idea di museo. Sono però diversi i dubbi sorti dopo la vendita, soprattutto a livello ministeriale, siccome c’è il timore di perdere “la gestione, il controllo e lo sfruttamento” di queste immagini digitali.

"Tondo Doni", Michelangelo (Uffizi)

La Blockchain

La domanda sorge però spontanea: come è possibile la compravendita di opere così “intangibili”?

Attraverso il sistema della “blockchain”. Si tratta di un archivio digitale consultabile da chiunque faccia parte della rete dove è possibile registrare delle informazioni in modo da renderle immutabili. Essa permette di registrare i certificati di autenticità e di proprietà delle opere NFT, garantendo in modo sicuro e univoco la tracciabilità dei trasferimenti, la trasparenza e la loro verificabilità. Questo sistema digitale permette dunque di acquistare, in maniera autentica e sicura, delle opere inaccessibili nella realtà, così da farle circolare sul mercato senza intaccare l’originale fisico.

Inoltre costituisce una nuova fonte di guadagno per le istituzioni museali, basata principalmente sulle convenzioni e sulle percentuali di rivendita dei loro NFT nel mercato secondario. È di fatto possibile rimettere in vendita le opere acquistate, in modo da permetterne la circolazione proprio come avviene nel mercato reale.

Fonti

Sito Leopold Museum

Artprice

la Repubblica

The Art Newspaper

Artribune

Finestre sull’Arte

di Irene Bonaldo

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