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DÜRER. Mater et Melancholia al Mart di Rovereto

Albrecht Dürer (Norimberga, 1471- 1528) Sant'Antonio alle porte della città, 1519 Fondazione Magnani-Rocca, Mamiano di Traversetolo (PR)
Albrecht Dürer (Norimberga, 1471- 1528) Sant’Antonio alle porte della città, 1519 Fondazione Magnani-Rocca, Mamiano di Traversetolo (PR)

Il Mart di Rovereto presenta “Durer. Mater et Melanchonia” da un’idea di Vittorio Sgarbi e curata da Daniela Ferrari e Stefano Roffi, dal 7 dicembre al 3 marzo 2024.

Il Mart di Rovereto ha scelto di dedicare la sua grande mostra invernale a due temi intramontabili: la maternità e la melanconia. Queste due tematiche furono oggetto di studio e ispirazione per filosofi, artisti, teologi, scrittori, medici e pensatori sin dai tempi più antichi. Vengono poi anche esplorate attraverso il confronto di opere d’arte provenienti da epoche diverse, spaziando dall’antichità fino ai giorni nostri.

I capolavori di Albrecht Dürer

La selezione dei curatori per la mostra si basa su una ricognizione approfondita della storia dell’arte. Partendo da una preziosa collezione di capolavori di Albrecht Dürer, questi sono considerati sia simboli supremi che punti di partenza fondamentali per l’intera esposizione.

In arrivo al Mart dalle rinomate collezioni della Fondazione Magnani Rocca, spiccano la celebre Madonna col Bambino, realizzata alla fine del XV secolo durante uno dei noti viaggi formativi di Dürer in Italia, e una serie di incisioni tra cui emerge Melencolia I.

Nella modalità di Dürer nel rappresentare la maternità, si possono chiaramente individuare i paradigmi dell’amore eterno e assoluto, i valori umani e spirituali della tradizione cristiana. Emerge inoltre una profonda conoscenza degli stilemi dell’arte italiana.
D’altra parte, Melencolia I, indubbiamente la più famosa tra le incisioni del maestro tedesco, è da sempre oggetto di interpretazioni a causa dei numerosi riferimenti simbolici presenti, come la clessidra, la bilancia, il quadrato magico, il compasso e il noto poliedro con due punte troncate.

Altri capolavori in mostra

Il percorso espositivo è organizzato in cinque sezioni – Maternità, Malinconia, Malinconie della stanza e dalla partenza, Malinconie dell’artista, Opere al nero. Il percorso comprende circa 70 opere provenienti da collezioni pubbliche e private, tra cui spiccano contributi da istituzioni quali il Museo Segantini di Saint Moritz, la Galleria dell’Incisione di Brescia, il Castello del Buonconsiglio di Trento, la collezione UniCredit, il Museo Morandi di Bologna e la Galleria d’Arte Moderna di Milano. Questi prestiti prestigiosi entrano in dialogo con una selezione di opere provenienti dalle Collezioni Mart, arricchendo così il contesto espositivo con una varietà di prospettive e stili.

La mostra presenta anche due pregevoli incisioni di Giorgio Morandi: “Natura morta con pane e limone” del 1921 e “Grande natura morta scura” del 1934. Morandi si avvicina alla tecnica incisoria fin dal primo decennio del Novecento, traducendo oggetti, vedute e composizioni floreali con rara maestria attraverso l’acquaforte.
La sua abilità lo porta a ottenere la cattedra di incisione all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 1930, influenzato dalla tecnica di Dürer e Rembrandt.

Giorgio Morandi, Natura morta con pane e limone, 1921, Museo Morandi – Settore Musei Civici Bologna
Giorgio Morandi, Natura morta con pane e limone, 1921, Museo Morandi – Settore Musei Civici Bologna

La mostra presenta anche un’opera straordinaria: l‘”Autoritratto con il fratello” di Giorgio de Chirico del 1924, recentemente acquisito nelle Collezioni del Mart dalla collezione tedesca VAF-Stiftung, esposta al pubblico per la prima volta dopo anni.

Il percorso espositivo e il catalogo

La mostra, curata dagli architetti Michelangelo Lupo e Giovanni Wegher, si articola in cinque sezioni tematiche. Nella sezione inaugurale, “Maternità“, spiccano la Madonna col Bambino di Dürer. e una Madonna col Bambino in trono dal Castello del Buonconsiglio, realizzata nel XV secolo da uno scultore sudtirolese non meglio identificato. Queste opere dialogano con lavori di Segantini, Klinger, Medardo Rosso, Wildt, Boccioni, Fontana, e altri artisti, tra cui l’opera site-specific di Andrea Mastrovito.

La sezione successiva, “Malinconia“, connette l’incisione di Dürer con l’opera seicentesca di Castiglione, insieme a lavori di Funi, Sironi, de Chirico, Colacicchi, Martini e Boccioni. La sezione invece “Malinconie della stanza e della partenza” ospita opere di Savinio, Casorati, Cavalli, de Chirico e Wildt. In “Malinconia dell’artista” presenta opere di Frongia, Mariani, Clerici, Guarienti, Lepri e Martini.

Il percorso culmina con la sezione dedicata alle “Opere al nero“, dove le incisioni di Dürer dialogano con quelle straordinarie di Rembrandt, Morandi e Segantini.
Infine, la mostra si conclude con due dipinti di Gaetano Previati e Michele Parisi.

Il progetto espositivo si completa con la pubblicazione di un catalogo scientifico edito da Sagep, che riproduce integralmente tutte le opere in mostra. Il catalogo presenta non solo i testi del presidente del Mart e dei curatori, ma include anche saggi di Massimo Bertozzi e Andrea Pinotti. Quest’ultimi sono focalizzati rispettivamente sull’iconografia delle Madonne col Bambino nell’arte antica e sul tema della melanconia nella storia e nella filosofia dell’arte. Inoltre, il volume è arricchito da un saggio di Alessia Masi dedicato alla figura di Morandi come incisore.

Mater

A partire dal XIX secolo, la rappresentazione del legame tra madre e figlio si sviluppa nella quotidianità, influenzata dalla tradizione iconografica dell’arte cristiana.
Giovanni Segantini, noto per il suo sentimento panico e la connessione uomo-natura, raffigura il tema della maternità in opere come “L’angelo della vita” e “Dea cristiana.Medardo Rosso, in “Aetas aurea” (1886), ritrae la fugacità di un abbraccio tra la moglie e il neonato Francesco, fonde il soggetto con l’ambiente attraverso fluidità nelle forme.

Adolfo Wildt invece , interpreta in chiave simbolista i riferimenti all’antico, come nella scultura “Madre (Madre Ravera)” (1929), esprimendo una dolente rassegnazione di fronte alla morte.

Adolfo Wildt (Milano 1868-1931), Madre (Madre Ravera), 1929, Collezione Lorello, Padova
Adolfo Wildt (Milano 1868-1931), Madre (Madre Ravera), 1929, Collezione Lorello, Padova

Gino Severini, nel dipinto “Maternità” (1916), anticipa il ritorno alla classicità nel XX secolo, raffigurando la moglie Jeanne che allatta il neonato, con richiami all’iconografia cristiana. Felice Casorati, dagli anni ’20 in poi, ritrae il tema della nascita in varie composizioni. Esplorando così il sentimento materno attraverso opere come “Madonna con Bambino” (1923) e “Maternità” (1923-1924).

Un’opera chiave della mostra è poi “Mia madre mi disse” (2023) di Andrea Mastrovito, che fonde i temi della maternità e della malinconia. Lo sfondo è dominato dalla riproduzione della “Melencolia I” di Dürer tramite frottage che ritrae una figura femminile prostrata e una serie di simboli, incluso il poliedro con due punte troncate. Mastrovito stratifica tratti e significati, creando abbinamenti basati su binomi culturali fondamentali, esplorando la contemporaneità e il dramma della malinconia.

Melancholia

Nel Rinascimento il temperamento malinconico era legato a Saturno, figura con valenze oscure nell’antica filosofia, ma che nel primo Rinascimento assume un valore positivo grazie a Marsilio Ficino, associato al genio creativo. Questa tradizione influenzata da Saturno si riflette negli artisti di ogni epoca che ritraggono sé stessi con l’espressione tipica di chi, pur presente fisicamente, abita anche in uno spazio mentale inaccessibile agli altri.

Per Giorgio de Chirico, la malinconia diventa una condizione esistenziale, intrecciata con la nostalgia e il fascino per il mistero dell’infinito. Nei suoi autoritratti, come quello del 1911, l’artista si raffigura con uno sguardo perso nel profondo, esprimendo un’aria di pensiero assorto. Nei dipinti metafisici invece, come “La matinée angoissante” (1912), emerge una tensione interiore tra mistero e sogno sospeso, riflessi di ricordi d’infanzia e l’angoscia della partenza verso l’ignoto.

Dall’analisi dei volti si passa ai luoghi della meditazione creativa nella sezione “Malinconie della stanza e della partenza,” rivelando gli atelier come spazi di solitudine che permeano molta pittura del primo Novecento. Artisti come Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Felice Casorati, Giorgio Morandi e Arturo Martini testimoniano questa attitudine nella loro arte.

La nostalgia associata alla partenza è affrontata da Arturo Martini nella scultura in terracotta del volto della figlia Maria, chiamata affettuosamente Nena, descritta come una “fanciulla in viaggio” nel 1934. Anche la casa può essere permeata dalla malinconia, nel silenzio, nell’attesa o nella solitudine del raccoglimento. Artisti come Felice Casorati e Emanuele Cavalli ritraggono figure immerse in un raccoglimento che riflette la meditazione dell’artista davanti alla tela.

La sezione “Opere al nero” è dominata dalle incisioni di Dürer, esposte in dialogo con opere di Rembrandt. La Melencolia I (1514) è esposta insieme a San Gerolamo nella cella (1514) e due preziose incisioni di Rembrandt, Il dottor Faust (circa 1652) e Nudo femminile disteso (La negra sdraiata) (1658) di Giorgio Morandi.

FONTI

Mart Rovereto
Artmagazine
Arte.it

di Irene Tassi

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