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La mostra “Muholi. A Visual Activist” arriva al Mudec

 Zanele Muholi  "Ntozakhe II"
 Zanele Muholi “Ntozakhe II” Parktown, 2016. Stevenson Cape Town Johannesburg

La mostra che celebra l’arte e la lotta di Zanele Muholi, attivista visuale testimone diretta dell’Apartheid. 31 marzo – 30 luglio al Mudec di Milano.

La mostra in nome di denuncia e resistenza

Dal 31 marzo al 30 luglio 2023, il Mudec di Milano ospita la prima mostra personale in Italia di Zanele Muholi, artista e attivista sudafricana che con la sua fotografia ha dato voce e visibilità alla comunità nera e queer del suo paese e del mondo.

La mostra, curata da Biba Giacchetti, presenta una selezione speciale di oltre 60 autoritratti in bianco e nero,  scelti appositamente per il Mudec dall’artista stessa, che veicolano messaggi indelebili di denuncia e resistenza. La mostra espone opere appartenenti alla serie “Somnyama Ngonyama” (Ave, Leonessa Nera), iniziata nel 2012 e ancora in corso. 

Muholi si definisce un “visual activist”, un attivista visuale che usa la fotografia come strumento di educazione e sensibilizzazione sulle questioni sociali. Attraverso i suoi lavori l’artista indaga temi come razzismo, eurocentrismo, femminismo e politiche sessuali.

Zanele Muholi: artista, fotografa e attivista visuale

Zanele Muholi
Zanele Muholi. Autoritratto fotografico

Muholi nasce nel 1972 a Umlazi, una township vicino a Durban in Sudafrica. Fin da giovane ha sognato di diventare una fotografa e un’attivista per la causa LGBTQI. Comincia a lavorare come parrucchiera, sostenendo la madre che lavorava come domestica, per poi seguire una formazione avanzata in campo della fotografia presso la scuola Market Photo Workshop di Johannesburg. Presenta la prima mostra personale nel 2004 alla Johannesburg Art Gallery; successivamente consegue un master a Toronto. 

Muholi inizia a lavorare come fotografa e giornalista per Behind the Mask, una rivista online che si occupa di questioni LGBTQI in Africa. Nel 2002 contribuisce a fondare il Forum for the Empowerment of Women, organizzazione  dedicata a fornire uno spazio sicuro che permetta alle donne di incontrarsi e organizzarsi. 

Le sue prime opere fotografiche sono state dedicate a ritrarre le persone della comunità LGBTQI del suo paese, mostrando momenti di amore, intimità, gioia, ma anche dolore, violenza e lutto. Le sue serie più note, oltre quella esposta attualmente al Mudec, sono Only Half the Picture, Faces and Phases, Being e Brave Beauties. L’artista ha esposto le sue opere in numerosi musei e istituzioni internazionali, tra cui il CCA di Lagos, la Kunsthalle Wien Project Space di Vienna, il Michael Stevenson di Cape Town, Le Case d’Arte di Milano, il Fred Mann di Londra e la Biennale di Venezia del 2019.

Somnyama Ngonyama – Ave, Leonessa Nera

Bester I e Ziphelele
Muholi, “Bester I” , Mayotte, 2015 e Muholi, “Ziphelele” Parktown, Johannesburg, 2016

In questa serie di autoritratti fotografici l’artista usa oggetti quotidiani per creare composizioni surreali e metaforiche, che riflettono sulle questioni di razza, genere e storia. Ogni immagine racconta una storia personale o collettiva, legata al contesto in cui è stata realizzata o alle esperienze vissute dall’artista. 

Tra le opere più importanti di questa serie abbiamo “Ziphelele” , scattata nel 2016. Qui Muholi fa riferimento alla «tortura della collana», un metodo di esecuzione molto frequente negli anni Ottanta nelle città nere in Sudafrica. Segno dell’apartheid in questa esecuzione il “colpevole” veniva giustiziato stretto in uno pneumatico di gomma inzuppato di benzina che gli impedisse di scappare, mentre gli veniva dato fuoco dava fuoco. Muholi si autorappresenta «sotto tortura» per dirci che certi crimini non si possono dimenticare e soprattutto che possono presto tornare.

Altre opere di forte impatto sono “Bester I”, scattata a Mayotte nell’Oceano Indiano in cui l’artista indossa una collana fatta di mollette da bucato e un copricapo fatto di guanti da cucina. L’ opera è dedicata alla madre, che lavorava come domestica. “Qiniso” , scattata in Sudafrica è un’ autoritratto dove l’artista indossa una corona fatta di pneumatici e una collana fatta di cavi elettrici. Il titolo si riferisce al nome di una persona transessuale che è stata uccisa nel 2007. Infine in “Ntozakhe II”, scattata a Parktown, in Sudafrica l’artista è raffigurata con un copricapo fatto di banconote e una collana fatta di spille da balia; il titolo è il nome di sua nonna che significa “lei è degna”.

Autoritratto fotografico di Zanele Muholi
Autoritratto fotografico di Zanele Muholi

«Faccio mostre come queste per educare le persone, specie le nuove generazioni. Faccio mostre come queste per creare attenzione e consapevolezza sul corpo delle persone nere e queer: esistiamo, siamo così, siamo degni di rappresentazione, siamo degni di stare in un museo come tutti gli altri»

Zanele Muholi

La macchina fotografica diventa per Muholi un’arma di denuncia e contemporaneamente di salvezza, che decide di rivolgere verso di sé. La bellezza delle composizioni e il talento di artista sono per Muholi un mezzo per affermare la necessità di esistere, la dignità e il rispetto cui ogni essere umano ha diritto, a dispetto della scelta del partner o del colore della pelle, e del genere con cui si identifica.

«Che l’arte possa curare le ferite. L’arte è la cura» dice Muholi.

Informazioni sulla visita:

Orari di apertura: lunedì dalle 14.30 alle 19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9.30 alle 19.30; giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.

Biglietti: intero € 13,00; ridotto € 11,00 per ragazzi dai 14 ai 26 anni, over 65, persone con disabilità, insegnanti, militari, forze dell’ordine, dipendenti Moleskine; ridotto speciale € 9,00 per Dipendenti Comune di Milano, i martedì gli studenti universitari muniti di tesserino; per bambini 6-13 anni € 7,00; ingresso gratuito per minori di 5 anni, guide turistiche italiane, giornalisti con tesserino, possessori di Mudec Membership Card.

Per maggiori informazioni visita il sito Mudec Milano

Fonti:

ArtTribune

Arte.it

Vanity Fair

Mudec Milano

di Sara Simonini

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