Lo ZAC–Zisa Arti Contemporanee di Palermo ospita “My home’s wind”, la retrospettiva dedicata a Mario Merz, dal 1/6 al 24/9/2023.
L’omaggio è organizzato dalla Fondazione Merz di Torino, presieduta dalla figlia dell’artista, Beatrice Merz, che ne è anche la curatrice insieme a Agata Polizzi. La Fondazione Merz nata nel 2005 ha lo scopo di promuovere e diffondere l’arte contemporanea e la ricerca artistica. Una particolare attenzione viene rivolta all’opera e al pensiero di Mario Merz e di sua moglie Marisa anch’essa artista.
La mostra “My home’s wind” ripercorre la carriera e il pensiero di Merz attraverso una selezione di opere significative. Le opere provengono dalla Fondazione Merz di Torino e da collezioni private. Il titolo della mostra si ispira a una frase dell’artista: “Il vento è la mia casa”. Con questa frase Merz esprime il suo senso di appartenenza al mondo e alla natura, ma anche la sua libertà creativa e il suo spirito nomade. Il vento è anche un elemento che rimanda alla trasformazione, alla mutevolezza e all’ingovernabilità della vita, concetti che sono presenti nell’opera di Merz.
Il percorso espositivo si articola in quattro sezioni tematiche: “La forma scompare”, “La natura è l’equilibrio”, “L’energia del vento” e “La casa del vento”. Ogni sezione presenta opere che illustrano gli aspetti fondamentali della ricerca di Merz: il rapporto tra forma e materia, tra arte e scienza, tra natura e cultura, tra individuo e società.
Mario Merz e l’Arte Povera
A vent’anni dalla sua morte la mostra vuole rendere omaggio alla figura di Mario Merz, uno dei principali esponenti dell’Arte Povera in Italia.
Nato a Milano nel 1925, allo scoppio della seconda guerra mondiale, Merz, si unì ad gruppo antifascista e venne arrestato. Nei mesi che passò in prigione, fu compagno di cella del pittore Luciano Pistoi ed è lì che iniziò a praticare il disegno.
La sua prima mostra personale ebbe luogo nel 1954 nella galleria La Bussola a Torino. Qualche anno dopo, nel 1962, gli venne dedicata una mostra antologica a Torino, nella galleria Notizie, in cui Merz venne presentato come uno degli artisti più interessanti della sua generazione. Nonostante il successo in questi anni l’artista decise di ritirarsi temporaneamente in modo da riflettere su nuove ricerche per la sua arte. Queste riflessioni trovarono compimento nelle opere volumetriche degli anni 1966-67.
Con la diffusione dell’Arte Povera, Merz risultò in prima linea tra gli esponenti del collettivo partecipando insieme al gruppo nel 1968 ad Arte povera + azioni povere ad Amalfi. L’anno dopo partecipò alla collettiva Live in your head: when attitudes become form nella Kunsthalle di Berna, un’occasione che si rivelò molto importante per il riconoscimento di Arte Povera a livello internazionale.
Come molti artisti suoi contemporanei, gli inizi della produzione di Merz risultano prevalentemente pittorici. Successivamente, dalla metà degli anni Sessanta in poi, realizzò opere di tipo tridimensionale, come i celebri igloo, utilizzando materiali inusuali come il neon. Queste installazioni in cui manipolava e assemblava materiali mai usati prima, erano un’unione tra pittura e scultura. Ad esempio, inseriva nelle sue tele dei tubi al neon, con l’intento preciso di simboleggiare un’infusione di energia in grado di dare vita alla materia inorganica.
Gli igloo di Merz
Tra le opere più note dell’artista ci sono gli igloo, strutture semisferiche realizzate con materiali di recupero e illuminate da scritte al neon che riprendono frasi poetiche o numeri.
Attraverso questa particolare costruzione circolare autoportante, prodotta in varie versioni che differiscono per dimensioni e materiali (come iuta, pietra, argilla, etc.), Merz cita alcuni simboli archetipi dell’antichità come il cosmo e la vita nomade. Inoltre, egli desiderava dimostrare come queste strutture, seppur si reggessero autonomamente, avevano bisogno dell’ambiente circostante per poter esistere in quanto ne circoscrivevano una porzione di spazio.
Su una di queste, dal titolo Igloo di Giap (1968), realizzato in terra, Merz aveva posto la seguente frase attribuita al generale vietnamita Vo Ngyen Giap che vinse contro le truppe francesi nel 1954: “Se il nemico si concentra perde terreno, se si disperde perde forza”, rafforzando proprio il concetto dell’interconnessione tra opera e spazio.
A partire dal 1970, nelle opere di Merz compare per la prima volta la serie di Fibonacci, una successione di numeri che parte con 0 e 1 e che prosegue creando una progressione che fa pensare alla crescita dell’uomo. Quando si prova a riprodurre graficamente la serie numerica in questione, questa risulta simile ad una spirale, e da questo particolare Merz prende spunto per le sue installazioni ricreando la successione con spirali o forme circolari e curve.La serie di Fibonacci resterà presente in numerose opere successive anche a distanza di vent’anni a simboleggiare lo scorrere ciclico del tempo.
Gli igloo, punto focale dell’opera dell’artista, rappresentano per il simbolo dell’abitare primordiale e nomade, ma anche della fragilità e della precarietà dell’esistenza umana.
”L’equilibrio e lo squilibrio sono fenomeni di cui io stesso faccio parte e mi servono per vivere e sentire che ci sono. Se sono troppo equilibrato mi sento noioso e la vita è tra noia e sentimento. La matematica serve a modellare una linea a una spirale affinché siano loro, rigorosi e fantasiosi assieme”
MARIO MERZ
Informazioni per la visita
Orari d’apertura: da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 18.00, lunedì chiuso
Biglietti: Ingresso libero